L’arte (fai da te) dell’icona bizantina
Arti antiche, arti che talvolta si perdono nella memoria del tempo, arti che ci insegnano metodi e valori spesso scomparsi. La tradizione delle icone appartiene a questa categoria, appartiene ad un mondo lontano, ma ancora attuale.
Un’icona è una raffigurazione sacra dipinta su tavola, prodotta nell’ambito della cultura bizantina e slava. Il termine deriva dal russo “икона”, a sua volta derivante greco bizantino “εἰκόνα” (eikóna) che può essere tradotto con “immagine”. Erano le immagini della divinità, ciò che sulla terra c’era di più simile ad essa.
Nel corso degli anni in molti si sono cimentati con questa piccola e grande composizione, uno su tutti il maestro Rubliov…perché non farlo anche voi?
Si parte dalla preparazione della tavola: bisogna scegliere un legno che sopporti le escursioni termiche! I più indicati sono il tiglio, il larice, la betulla, il faggio, la quercia, il cedro e l’abete, perché da loro si riescono a ricavare tavole più omogenee. Comunque se ci sono nodi o lesioni, potete usare un po’ di stucco di falegname per riempirle 🙂
A questo punto è necessario passare una o due mani di primer, un prodotto simile alla cementite che riempie i pori del legno, così da conferire al tutto un aspetto biancastro (operazione definita levkas, dal termine greco leukos, bianco).
Dopo 12 ore, levigate il primer ormai asciutto con carta abrasiva e ripetete un’altra volta l’intera operazione.
Una volta preparata la tavola, si passa all’esecuzione, sulla faccia da dipingere, di un incavo profondo alcuni millimetri (detto kovceg o “culla”), che simboleggia la più profonda intimità con Dio del personaggio raffigurato, che già vive nella dimensione divina. Questo incavo viene eseguito a mano con scalpelli e sgorbie ben affilati, in modo da ottenere una superficie piana e regolare, ma un po’ “mossa”, che consentirà alla fiamma delle candele o delle lampade di creare effetti di luce e di ombre.
Gli antichi preparavano anche una specie di “tela” per accogliere il disegno, ma lasciamo questa pratica ai maestri!
Noi passiamo direttamente al disegno, da riportare a mano libera o con l’ausilio della carta carbone.
Come avrete notato, le icone hanno spesso un fondo dorato. Per realizzarlo con l’orone, ovvero con foglie di finto oro, bisogna preparare la superficie da dorare con il missione, un collante specifico per questo tipo di tecnica, che viene steso e lasciato agire per circa 20-25 minuti, in modo tale da far presa.
A questo punto si passa alla vera e propria doratura adagiando i foglietti di orone sulla superficie collosa ed effettuando una leggera pressione della mano per stenderli al meglio.
Terminata l’operazione si attendono circa 30 minuti prima di procedere all’asportazione del materiale in eccesso con un pennello a pelo piatto e morbido o con un batuffolo di cotone. Se volete “anticarla” un po’, stendete sull’icona un po’ di gommalacca.
Adesso non resta altro che colorare!
Attenzione, i colori hanno una loro natura e simbologia. Anticamente venivano realizzati triturando pietre preziose, ridotte in polvere finissima e “legate” con un collante albuminoide come il tuorlo d’uovo o la colla di caseina. Anticamente gli iconografi aggiungevano alle loro mestiche anche miele, resine, gomme, latte di fico, oli essenziali, fiele di bue, birra bollita: si può dire che ogni scuola avesse il suo ingrediente “segreto” per rendere i colori più resistenti e brillanti.
Oggi per praticità, possiamo utilizzare i colori acrilici.
Bisogna avere premura, però, di non prelevare troppo colore perché gli acrilici, a contatto con l’aria, seccano rapidamente.
Iniziamo quindi a riempire tutti i campi di colore con delle pennellate piatte, senza preoccuparci delle sfumature e dei chiaroscuri.
Per la creazione dell’incarnato, nel caso delle raffigurazioni bizantine, si stende un primo strato di verdaccio, ovvero il verde unito alla terra di Siena.
Una volta asciugato il primo strato di colore proseguiamo con gli altri fino a ottenere una superficie perfettamente coprente.
A questo punto possiamo dedicarci alle ombre all’interno dell’immagine, come le pieghe di un drappo, e alle luci che sono suggerite dall’aggiunta di bianco al colore di base.
Nei lavori di stile bizantino i contorni sono nitidi e definiti da un tratto sottile e scuro; le parti più in luce sono realizzate con dei tocchi di bianco puro o appena sporcato con il colore sottostante.
Adesso l’icona sacra è pronta per essere protetta dall’olifa: un insieme di olio di lino cotto e conservanti. Questa operazione serve ottimamente per conservare la pittura e inoltre, impregnando i colori, ne esalta la trasparenza, la profondità e ne armonizza leggermente le tonalità. L’olifa, fatta essiccare per lungo tempo, è infine ricoperta da alcuni strati di vernice trasparente a tampone.
Ma cosa c’è dietro a tutto questo? Cosa significa l’icona? Ecco alcune chiavi interpretative.
CORPO – sono le campiture di colore e la struttura dell’icona.
ANIMA – sono gli schiarimenti, cioè le luci danno anima e vita alla materia
SPIRITO – sono le lumeggiature, la somiglianza (i tratti vivi mostrano la somiglianza che lo Spirito ha conferito all’uomo).
Addentrandoci nell’iconografia scopriamo che nell’icona ogni cosa ha un suo significato simbolico.
– La tavola simboleggia il legno della Croce.
– La tela che riveste la tavola rappresenta il sacro lino su cui fu impresso il volto del Cristo.
– Il gesso (leukas) con cui è rivestita la tela, è simbolo della pietra angolare che è Cristo.
– L’emulsione all’uovo utilizzata per miscelare i pigmenti, indica la Pasqua, la nuova vita in Cristo. Nell’uscita del pulcino dall’uovo i primi cristiani raffiguravano un’espressiva simbologia della resurrezione di Cristo. Il vino che si mischia all’uovo è simbolo del sangue eucaristico di Cristo. Le gocce di lavanda ricordano il profumo utilizzato dalla Maddalena per Gesù.
– I colori materializzano la luce increata.
Nelle icone bizantine il significato dei colori è sempre molto profondo con un valore altamente simbolico e ultraterreno.
ORO è pura luce, luce immateriale. Non è considerato un colore è il simbolo della Presenza del Divino.
BIANCO nel passato simboleggiava la divinità e tutt’ora è il colore del mondo divino. E’ simbolo di purezza e calma, ma anche di dinamismo. Per la sua assenza di colorazione, appare vicino alla luce stessa tant’è che è considerato al pari della luce, la cui essenza è di trasmettere e di avanzare nello spazio. In molte icone della Risurrezione, la veste di Cristo è bianca, bianche sono le vesti liturgiche dei capi della Chiesa bizantina con croci nere richiamano la gloria e la passione del Signore. Rappresenta anche il colore di quelli che sono penetrati dalla luce di Dio, il colore dell’innocenza ed anche la gioia delle grandi feste liturgiche. Ma oltre a simboleggiare luce, gloria e potenza divina, è anche il colore della distruzione del mondo terrestre.
BLU rappresenta la trascendenza e l’ineffabilità divina. Lo troviamo nell’hymation del Pantokrator, nella mandorla del Cristo delle potenze. Gesù è raffigurato vestito di blu durante i tre anni della sua predicazione. Maria dopo la morte di Cristo spesso è raffigurata in blu.
ROSSO ricorda il sangue e quindi richiama alla vita. E’ un colore che si impone e viene usato anche come fondo dell’icona.
VERDE è il simbolo della vita creata, della terrae della natura, dello Spirito Santo che dona la vita. Nel Cristianesimo il verde simboleggia la rigenerazione della coscienza, la carità e la speranza.
GIALLO spesso sostituisce l’oro nel fondo della tavola, in una tonalità calda quasi arancione lo troviamo nel clavo di Cristo o nelle vesti del Cristo in gloria.
ROSSO PORPORA è il colore della regalità, del chitone del Cristo, del maphorion della Vergine e spesso dell’abito monastico.
CINABRO rosso fuoco, è il colore dei serafini, simbolo dell’amore divino.
NERO raffigura la notte, la quasi assenza di luce, gli inferi, le grotte spesso hanno un interno nero. Anche la grotta della Natività, per ricordare che Cristo nasce «per illuminare coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1,79)
E ora non vi resta che appendere la vostra preziosa icona!
Eleonora Ciambellotti