Alcuni “strappi alla regola”: i dolci “ammessi” in Quaresima
Il Carnevale è da poco passato e molti di voi avranno già cominciato a pensare ai loro “fioretti”, per “tentare” di trascorrere un periodo quaresimale senza vizi culinari.
Una tradizione che stimola la curiosità del Nonno Pasticciere, che non si capacita di come si riesca a resistere alle “dolci” tentazioni. In fondo però questo periodo di “astinenza” potrebbe suggerirgli nuove ricette semplici e nutrienti per non lasciare nessuno senza un piccolo “sfizio” che possa rendere questi 40 gg più “sopportabili” 🙂
E allora seguiteci nel nostro viaggio a colazione tra tradizioni e antiche usanze.
Il giorno seguente il Carnevale, (dal latino carnem levare – togliere la carne) non era più possibile cibarsi di carne, così come di latticini e del rosso delle uova.
I veri protagonisti della tavola quaresimale erano di conseguenza pane, polenta, zuppe o minestre di ortaggi, tortelli a base di erbe, pesce fresco o conservato tra cui spiccava l’aringa.
Nel Medioevo la Quaresima veniva rappresentata come una vecchia con in mano proprio un’aringa essiccata oppure come una vecchia magra, spettinata e scalza, con in capo una corona d’aglio e acciughe e un piatto con due pesci in mano.
Tra i pesci troviamo anche il baccalà e lo stoccafisso, declinati in diverse ricette un po’ in tutta Italia.
Ma quali sono i dolci tipici della Quaresima? Ovviamente i Quaresimali 🙂 Ne esistono molte versioni, ma le più “famose” sono quella toscana e quella ligure, o meglio genovese.
Fonte: www.firenzemadeintuscany.com
L”impasto dei biscotti toscani è composto da chiare d”uovo, zucchero e polvere di cacao e cotto in forno. La particolarità dei quaresimali consiste nella loro forma a lettere dell”alfabeto.
Fonte: dearmissfletcher.wordpress.com
I dolcetti genovesi sono invece realizzati con pasta di mandorle, zucchero, acqua di fiori d”arancio, albume d”uovo, farina, semi difinocchio, guarniti poi con zucchero fondant al gusto di maraschino, pistacchio, limone o caffè.
Fonte: www.romainbocca.it
Un po” più a sud, nel Lazio, il Nonno scopre i maritozzi, panini soffici e dolci – ma non troppo- , che sono di solito arricchiti con uvetta. I maritozzi vengono gustati al naturale o con l”aggiunta di panna montata, per uno spuntino oppure per colazione.
Fonte: www.nistriandrea.it
È ancora la Toscana a regalare gustose prelibatezze quaresimali molto simili ai maritozzi: soprattutto a Firenze questo periodo è profumato dall”aroma del Pan di Ramerino, un panino, non troppo grande, morbido e dolce fatto con pasta di pane, uva sultanina (zibibbo) e rosmarino…è dal Medioevo che i fiorentini fanno i loro “strappi alla regola” così 😉
Il Nonno sta prendendo appunti e i suoi occhi scrutano pagine di libri e angoli di paesi dove le usanze della Quaresima sono molto sentite, non solo in materia di dolci! Ecco qualche curiosità 😉
Simpatica usanza della Quaresima è senza dubbio quella del fantoccio di stoffa con i caratteri della donna anziana, unito ad una patata nella quale sono infilzate sette penne di gallina vecchia che non produce più le uova. Sospeso all”esterno delle abitazioni -a Ravello pare che soltanto Annamaria Amato (di mastro Ciccio) osservi questa antica tradizione-, le sue penne, una per ogni venerdì, vengono estratte e bruciate.
Fonte: www.gazzettinodellamagia.it
Nel giorno del Venerdì Santo, infine, questa simbolo viene interamente arso con l”ultima penna rimasta conficcata nella patata. Tutti i riferimenti mitologici di questo rito sono connessi con i simboli della morte: un fantoccio di stoffa con i caratteri della non prolificità recante le penne di un animale improduttivo.
E a Taranto, parlare della Quaresima significa proiettarsi immediatamente alla Settimana Santa, ai perdune, alle processioni dell’Addolorata e dei Misteri. A questo si arriva per tappe, con una preparazione graduata.
Il primo appuntamento è con le Quarantore, cioè delle manifestazioni del culto eucaristico. La storia ci dice che durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano, i lavori dei campi erano sospesi, le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. Questa adorazione consiste nel sostare in preghiera dinanzi a Gesù Sacramentato per quaranta ore. Per tre giorni tutti si avvicendavano in preghiera, giorno e notte, dinanzi all’Eucaristia.
Poi vennero le rivoluzioni politiche e sociali, che portarono inevitabili cambiamenti che, grazie ad una ragione progressista, fecero calare molte pratiche religiose, comprese le Quarantore. Resta però il fatto che questa devozione per oltre due secoli è stata al centro del culto eucaristico.
Il Nonno sembra essere proprio soddisfatto e non vede l’ora di tornare nel suo angolo di paradiso, la sua cucina, per preparare dolci creazioni ispirate da questo viaggio….
Chissà forse riprenderà questo cammino mercoledì prossimo…per ora non perdete le sue dolci tracce…
Manuela Piccioni Eleonora Ciambellotti